L’ALTRO ALLIEVO DI ARISTOTELE
Non sono nato fortunato. E quando non nasci fortunato, non c’è nulla da fare: la sorte non te la puoi inventare, non la puoi decidere. Quella che ti capita, ti capita.
Ad esempio, ho un fratello gemello. Si chiama Creonte, come il famoso re di Tebe. Siamo gemelli identici, eppure mia madre ha sempre detto che lui è più carino di me.
«Ma perché, mamma? Cosa abbiamo di diverso?», le chiedevo, ingenuo, da bambino.
«Non lo so, è più una sensazione…», mi rispondeva.
Così io le tendevo degli agguati: dicevo che uscivo, che andavo all’agorà e qualche minuto dopo mi presentavo da lei, spacciandomi per Creonte, sicuro che così mi avrebbe trovato finalmente bello.
«Ma cos’hai, oggi, figlio mio?», mi diceva, appena mi vedeva.
«Io? Niente, mamma. Sto benissimo, mi sento anche più in forma del solito. Non vedi come sono carino, oggi?».
«Carino? Ma se sei una schifezza! Sembri quasi tuo fratello! Tornatene a letto, riposati un po’, su!».
Anche quando fu ora di mandarci a scuola, da un maestro, a me toccò la sorte peggiore. Per Creonte i miei genitori trovarono un maestro proveniente dalla Ionia, un eracliteo, che lavorava come precettore solamente per lui; per me invece decisero di non sborsare il denaro per un maestro esclusivo, e cercarono di infilarmi nel tempo libero di qualche filosofo che già insegnava ad altri.
Alla fine mi affibbiarono a questo tizio, un filosofo piuttosto strano. Pensate, viene da Stagira: ma chi cavolo è mai venuto da Stagira? Nemmeno pensavo sapessero scrivere, a Stagira.
Si chiama Aristotele, e quando lo conobbi insegnava a Mitilene, sull’isola di Lesbo. Mi trasferii armi e bagagli da lui, pronto ad essere educato nei ritagli di tempo: di mattina, infatti, il mio maestro teneva lezioni per i molti allievi della sua scuola che, non avendo nulla da fare a Lesbo, si presentavano puntuali alla sua porta; al pomeriggio un po’ riposava e un po’ seguiva alcuni esperimenti di zoologia che aveva impiantato sull’isola; prima di cena, quasi di sfuggita, si ricordava di me («Oh, già, ci sei pure tu») e mi rifilava qualche massima a buon mercato, raccomandandomi di studiare i suoi libri, dove avrei trovato tutto quello che mi serviva.
La situazione è peggiorata quando, ad un certo punto, si è presentato alla porta della sua scuola un messo proveniente dalla Macedonia. Ora, quando stai facendo da precettore ad un allievo – tra l’altro a mezzo servizio, come capitava a me – la buona educazione ti impone di non accettare altri lavori; un medico, mentre cerca di salvare la vita a un paziente, mica si fa portare nello studio uno malato di raffreddore, no? E allora perché io dovevo finire per dividere i servigi del mio maestro con un altro?
E comunque il messo portava un incarico per il mio maestro e Aristotele, manco a dirlo, lo accettò subito.
«Mio caro allievo, domani partiamo per Pella», mi spiegò, quando ancora non sapevo nulla di tutta la faccenda.
«Un viaggio d’istruzione? Che bello! Non mi porti mai da nessuna parte, maestro».
«No, non un viaggio d’istruzione. Ci trasferiamo là».
«A Pella?».
«Sì. È la capitale dei macedoni. Lo sai, no? O forse no, in effetti: geografia non l’abbiamo ancora fatta, giusto?».
«Siamo fermi alla filosofia prima, maestro. L’essere come categorie, anche se io non c’ho ancora capito niente».
«Fa niente, caro mio. Lascia perdere la filosofia prima: andiamo a vedere dove si decidono le sorti del mondo».
«A Pella?».
«Sì. Diventerò maestro di Alessandro, il figlio di Filippo II».
«Ah. Un re, dunque?».
«Un principe, un futuro sovrano. Pensa, potrò influenzarlo nelle sue decisioni, nelle sue idee politiche. Platone avrebbe dato tranquillamente un braccio per un’opportunità del genere».
«Sì, ma io?».
«Tu cosa?».
«No, dico: i miei genitori hanno pagato per la mia istruzione».
«Capirai, per quei quattro soldi che mi hanno dato…».
«Oh, insomma – sbottai, probabilmente arrossendo –, sempre quattro soldi sono. Io ho diritto ad un’istruzione».
«È giusto. Ti porto con me: quando non dovrò occuparmi di Alessandro, mi occuperò di te».
«Cioè quando?».
«Be’, Alessandro dovrà pur andare alla latrina, di tanto in tanto».
E così da due anni vivo alla corte dei macedoni, questi barbari che programmano di conquistare la Grecia e la Persia, indifferentemente.
Sono trattato tutto sommato piuttosto bene, ma soffro dello stesso destino che mi ha accompagnato tutta la vita. Prendete Alessandro: non è certo bello, è tozzo, con gli occhi di due colori diversi, e senza barba; eppure io, per tutti, sono il meno carino dei due.
«Ma perché? – chiedo ogni volta – Cos’ha lui che io non ho?».
«Non lo so, è più una sensazione…», mi rispondono tutti.
Quando non nasci fortunato, non c’è nulla da fare.
Ermanno Ferretti
Storia semiseria e illustrata della filosofia occidentale
Volume 1 I presocratici
Prezzo ebook 4,99€
Acquista su Amazon o Book Republic