DUE PANINI PER FAVORE
La bottega del fornaio sembra un supermercato passato nella morsa di una pressa compattatrice da autodemolizioni.
I prodotti si accavallano, si accumulano, si aggrappano l’un l’altro sugli scaffali tanto che in uno spazio in cui si potrebbe a stento giocare a scacchi trovano posto il reparto latticini e salumi, macelleria, saponi e detersivi, surgelati, giardinaggio e fai da te.
La commessa attacca una descrizione di tutte le tipologie di pane che ha in negozio.
-Due panini per favore-
Una prima suddivisione è su base geografica: francesini, arabi, pugliesi, parigini, greco, sardo, normanno, eschimese, keniano. Poi in base alla forma e dimensione: ciabatte, ciabattine e ciabattone, rosette. Poi per contenuto: grano duro e tenero, alla farina di patate, manitoba, senza glutine, zero, doppio zero, uno due tre stella, segalino, con olive, con uvetta, con cereali. Infine i pani con doppio senso: sfilatino, segalino.
L’elenco è lungo e prosegue nel retrobottega dove ha ricavato lo spazio per altri due scaffali tra due molecole di ossigeno.
-Quali vuoi?- mi chiede riprendendo fiato dopo due minuti di elenco.
-Panini vecchio stampo, farina, lievito e acqua ne hai?-.
Ho in risposta uno sguardo perplesso.
Mio cugino direbbe che se non sai cogliere l’ironia puoi provare con i pomodori, ma la fornaia con gli ortaggi non ha dimestichezza. Lo spazio per il reparto frutta e verdura, ancora, non l’ha trovato. E io, ora, ho una fame tremenda.