IL BAGNINO DI ERACLITO
L’estate è la mia stagione preferita.
I ragazzi scendono al fiume e giocano con l’acqua, ritrovano la gioia di vivere dopo un inverno passato a studiare e allenarsi.
Anche gli adulti – magari con un po’ di timidezza – si spogliano e si tuffano, riscoprendo il piacere del contatto con la natura.
Sono scene molto belle, a cui io assisto dal mio sasso, controllando ogni momento e intervenendo se c’è da intervenire.
La città mi ha nominato “Guardiano del fiume”, che è un nome un po’ altisonante per dire che sostanzialmente faccio il bagnino. Al di là di tutto, è un lavoro che mi piace, e mi sembra di aver già chiarito perché.
C’è un unico difetto, sul quale, in altre circostanze, si potrebbe forse sorvolare: che al fiume non scendono solo le persone che vogliono giustamente divertirsi o rilassarsi. Nossignore, al fiume scendono anche tutti i matti della città. D’altronde, mica è vietato; e qual è il posto migliore per andare a fare i matti se non dove tutti gli altri vogliono stare in santa pace?
Tra tutti i pazzi, in particolare, ce n’è uno che è il più fastidioso. Si chiama Eraclito, anche se a lui piace farsi chiamare con dei soprannomi, stupidi, ovviamente. Pensate che ad Halloween — questa festa posticcia che ultimamente abbiamo importato dai persiani, niente a che vedere con le nostre sane tradizioni greche — si è vestito con un costume ricamato da sé, una cosa tipo “vendicatore mascherato”, o “giustiziere della notte”. Andava in giro, casa per casa, urlando: «Sono Eraclito l’oscuro! Sono Eraclito l’oscuro». Qualcuno ha proposto di processarlo per empietà e così avere una scusa per cacciarlo dalla polis, ma alla fine non se ne è fatto niente.
«È solo un povero pazzo», dicevano i più.
Sì, sarà pur vero, ma quel povero pazzo, quando scende al fiume, sono io a dovermelo sorbire.
E quando scende al fiume non fa più solo qualche schiamazzo mascherato. Nossignore, quando scende al fiume lui deve fare “il filosofo”. «Devo dimostrare le mie teorie – dice sempre – così la gente di Efeso capirà che dico il vero». E, detto questo, si tuffa nel fiume e comincia a nuotare forsennatamente, a più non posso, cercando di battere la corrente in velocità.
Nuota così forte che sembra sempre sul punto di farsi venire un colpo e affogare, per questo ogni volta che lo vedo arrivare mi preparo, e poi costeggio il fiume assicurandomi che non tracolli, cosa che però, dopo qualche decina di metri, puntualmente fa.
A quel punto tocca a me: mi getto nel fiume, lo acchiappo prima che finisca sott’acqua e lo trascino di peso a riva, mentre lui continua a urlare che ce la farà, prima o dopo, a bagnarsi due volte nello stesso fiume.
«Tu deliri, Eraclito – gli dico, mentre tento di rianimarlo e di fargli sputare l’acqua che ha ingerito –. Non serve che affoghi per dimostrare che ti sei già bagnato ben più di due volte in questo stesso fiume».
«No, bagnino – mi risponde lui –. Il fiume non è lo stesso dell’altra volta, è cambiato».
«Sei confuso per lo spavento. È lo stesso, te lo assicuro».
«No, le acque sono defluite. L’acqua è nuova. Tutto scorre e nulla rimane mai uguale a se stesso. Panta rei!».
«Certo, certo, come vuoi. A me l’acqua pare sempre sporca uguale, sempre la stessa latrina. Ma se tu dici che scorre, mi fido. D’altronde, sei filosofo».
«Sì, appunto».
«Di giorno filosofo e di sera cavaliere oscuro, no?».
«Oscuro e basta. Il cavallo non mi piace».
Questa scena si ripete ormai tutti i giorni. Ho anche scritto al tiranno, Melancoma, chiedendogli di darmi una mano con questo tizio, perché le prime due o tre volte ci può anche stare di salvare un vecchio pazzo dall’annegamento, ma quando lo si deve fare tutti i giorni mi pare lecito chiedere quantomeno un aumento.
Melancoma mi ha detto che l’ha convocato e ci ha parlato a lungo, ma a quanto pare Eraclito non è disposto a cambiare le proprie abitudini. Anzi, sembra aver avuto anche un certo ascendente sul nostro tiranno, che ora ne tesse le lodi in ogni dove e dice di voler cambiare vita per seguire i suoi insegnamenti; speriamo solo che non si metta pure lui a fare bagni a tradimento nel fiume, perché due pazzi per volta sarebbero decisamente troppo.
Ermanno Ferretti
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